Pubblicato da: Kentstrapper Categoria: Blog tag: , , , , , , , Commenti: 0

La funzione degli artisti e degli intellettuali, nella società, è da sempre quella di stimolare l’opinione pubblica a porsi domande, ad esercitare il pensiero critico per far sì che la collettività possa progredire. 

E, talvolta, la provocazione è l’unico modo per ottenere questo scopo. “Provocazione”, del resto, è una parola che nell’accezione originale latina (“pro-vocare”) significava appunto “invitare qualcuno a farsi avanti”, incitarlo, allettarlo. 

Indubbiamente provocatoria è la condotta dell’artista giapponese Megumi Igarashi, il cui nome suonerà certamente familiare a chi da anni s’interessa al mondo della stampa 3D e segue i principali blog d’informazioni a riguardo. Megumi Igarashi ha sfidato la censura delle autorità nipponiche utilizzando la tecnologia 3D: prima si è fatta una scansione del proprio apparato genitale e, in seguito, ha stampato in 3D una canoa avente la forma della propria vagina.
Facendo ciò, la donna ha violato le leggi nipponiche sulla diffusione di materiale osceno; per lei sono stati chiesti due anni di reclusione e una multa di 2.5 milioni di Yen (pari a circa 21.00 dollari statunitensi).

Senza dubbio Megumi ha centrato il proprio obiettivo: la sua vicenda ha fatto il giro del mondo, ed ha suscitato un dibattito sulle contraddizioni della società giapponese in materia di sessualità; o, forse, sul ruolo della donna in generale.

La prima di tali contraddizioni è quella evidenziata da 3ders.org; in un paese in cui il mercato della pornografia ha un giro d’affari stimabile in miliardi di dollari, la diffusione di materiale (foto, video) dei propri genitali è proibita. 

La seconda l’ha spiegata la stesa artista: 

La vagina è un taboo nella società giapponese. Invece il pene è stato usato in illustrazioni, ed è diventato parte della cultura popolare

In effetti, in Giappone va in scena ogni anno una festa chiamata Kanamara Matsuri, un antico rituale della fertilità dominato da carri allegorici a forma di peni giganti, e in cui gadget della medesima forma fallica vengono tranquillamente venduti ai numerosi turisti che giungono da tutto il mondo.