Non è la prima volta che affermiamo che la stampa 3D possa rivelarsi estremamente utile per la ricerca archeologica.
Ma la vicenda che raccontiamo oggi si spinge un po’oltre il normale uso della stampa 3D per riprodurre manufatti antichi o plastici di edifici.
Parliamo della Venere di Milo, una delle più affascinanti sculture dell’antica Grecia, nota in tutto il mondo (anche) per il fatto che è priva di braccia.

Molte sono statefino ad oggi le ipotesi ricostruttive che hanno tentato di spiegare cosa stesse facendo Venere; la si è immaginata davanti ad una divinità maschile (Marte o Teseo), o con in mano oggetti come una mela o uno specchio, o ancora in una posa simile a quella di una Madonna con bambino.
Fuori dal coro è sempre stata l’ipotesi della Professoressa Elizabeth Wayland Barber (autrice di un volume sul lavoro delle donne dall’antichità ad oggi), che ritiene che la divinità fosse stata raffigurata in un atto molto comune, un’attività quotidiana.
E qual’era, per antonomasia, l’attività quotidiana tipica delle donne nell’antica Grecia?
Ma la filatura, of course.
L’idea è dunque che il braccio sinistro reggesse il fuso, mentre con l’altra mano tendesse il filato.
Un’altra donna, Virginia Postrel, è rimasta particolarmente persuasa da questa ipotesi, e ha voluto provare a dare un contributo per avvalorarla, nella fattispecie coinvolgendo Cosmo Wenman, un artista noto per l’incrollabile volontà di far sì che tutti i musei del globo rendano di pubblico dominio le scansioni tridimensionali delle proprie opere.
E visto che tra le opere scansionate da Wenman c’era anche la Venere di Milo, la Postrel gli ha chiesto di realizzare un rendering realistico di come doveva apparire la statua se fosse effettivamente stata scolpita nell’atto di filare.
Ed ecco il risultato.
Venus de Milo Spinning Thread by CosmoWenman on Sketchfab
Curioso anche l’elenco delle fonti usate da Wenman per finalizzare il rendering; oltre alla “regolare” iconografia classica, l’artista ha attinto anche a questo video su YouTube.