Che la stampa 3D possa rivoluzionare il mondo della scuola è ormai un fatto accettato anche dai più scettici. Ciò che invece continua a sorprendere è cosa può venir fuori dalla mente di un adolescente a cui venga data la possibilità di utilizzare questa e altre tecnologie da Maker.
Siamo andati all’ISS Balducci di Pontassieve, una delle scuole più all’avanguardia della Toscana, e ne abbiamo parlato col Prof. Leonardo Barsantini.
Come vi è venuta l’idea di acquistare una stampante 3d?
E’ stato un po’ casuale. Qui vicino c’è un FabLab, e i ragazzi hanno costruito una Falla3D. Abbiamo avuto un incontro con loro, ci hanno contattato e spiegato le potenzialità di questa tecnologia. La cosa ci è parsa subito interessante, perché qui abbiamo sia il corso di elettronica che quello di informatica. La stampante 3D è interessante sotto entrambi questi punti di vista: la loro utilizza Arduino, che noi avevamo già introdotto nella didattica. Quindi facemmo questo corso di 20 ore, una mattina, per imparare ad assemblare una stampante e metterla in opera. E’ stato istruttivo anche per noi insegnanti; abbiamo imparato a conoscere software di modellazione e di gestione della stampa.
Poi la Regione Toscana ha avviato il progetto FabLab. Ha coinvolto 40 scuole, di ogni ordine e grado, che hanno ricevuto una nostra stampante 3D Galileo che costituisse il nucleo di un FabLab. Ho visto molti lavori interessanti: ovviamente ciò che si fa in una scuola dell’infanzia è diverso da ciò che si fa qui, ma ciò che conta è l’approccio alla tecnologia, la possibilità di costruire una competenza pratica.
Noi siamo parte della rete Lss (Laboratori del Sapere Scientifico), e questa è stata un’ulteriore opportunità. Il progetto prevedeva anche l’acquisizione di nuovi dispositivi, e grazie ad esso abbiamo acquistato nuove stampanti, tra cui la Kentstrapper Galileo. Ora ne abbiamo due, e le abbiamo entrambe inserite nell’attività didattica.
Qual’è stata la reazione degli alunni?
La stampante 3D già di per sé entusiasma un po’ tutti: studenti, docenti, curiosi. Nel nostro caso l’entusiasmo non è stato effimero: gli studenti hanno la possibilità di interagire, realizzare progetti da zero. Lo studente si mette a un tavolo e disegna, progetta, e approfondisce anche personalmente. Alla fine del percorso hanno un prodotto tangibile, a differenza di quello che avviene spesso nelle scuole, dove le conoscenze restano su un piano teorico. Peraltro, è anche una forma di auto-valutazione oggettiva: se ciò che volevi non viene bene (o non è funzionale al tuo progetto) c’è qualcosa che non va.
Chi utilizza queste stampanti? Tutte le classi o solo alcuni?
Noi abbiamo vari indirizzi -dai licei ai tecnologici-. Noi dell’informatica lo abbiamo inserito nel curricolo (la scacchiera è stata fatta dagli studenti al secondo anno). Per i ragazzi all’ultimo anno viene utilizzata per presentare progetti per l’esame di Stato. Però vengono utilizzate anche da studenti del liceo. E’ a disposizione dell’Istituto, e offre delle possibilità anche in ambiti a cui in un primo momento non si penserebbe: l’anno scorso, ad esempio, abbiamo fatto un percorso con la collega insegnante di inglese per tradurre l’interfaccia del software Cura (che peraltro, rispetto ad altri manuali, ha anche una certa struttura narrativa, si legge bene). E’ un modo per imparare nuovi termini.
Questi progetti sono stati partoriti dagli alunni?
Tutti i progetti di V sono svolti in autonomia. Lo studente Lorenzo Cosi, l’anno scorso, ha creato una piccola catena di montaggio per un pennarello. La gestione era fatta con micro-controllori Arduino. La cosa interessante è che per spostarlo doveva usare degli ingranaggi che, muovendosi, inserivano le varie parti dentro al pennarello. Tutti questi ingranaggi sono stati modellati e stampati in 3D. E queste sono tutte idee che vengono a loro, che devono dimostrare di essere in grado di sviluppare e portare a conclusione.
Quest’altro è venuto in mente a un altro alunno, e gli alunni hanno appreso a utilizzare Sketchup.
E’ un learning by doing.


Gli studenti collaborano tra loro sui progetti?
Questi progetti prevedono l’uso di vari dispositivi (sensori, display etc.) che loro riutilizzano, ma che sono in nostra dotazione. Quando fanno progetti di quel tipo normalmente lavorano in gruppi -anche se non troppo grandi-. Però cerchiamo anche di farli lavorare autonomamente. Nel caso della presentazione dell’esame di Stato lo studente deve ragionare da solo, la consulenza la fanno i docenti.
