La stampa 3D -così come altre macchine a controllo numerico- è nata in ambito industriale per ottimizzare il processo produttivo, ma di fatto negli ultimi anni ha trovato ampia applicazione anche in campo artistico, e in alcuni casi è riuscita a re-inventare mestieri antichi e di tradizione secolare. Senz’altro tra questi c’è la scultura. Lo sa bene Simone Rasetti, che potremmo definire “scultore 2.0”

D- Innanzitutto, dicci qualcosa di te: di cosa ti occupi? Che tipo di formazione hai?

R- Mi chiamo Simone Rasetti, sono Laureato in “Scultura” e in “Arti Visive e Discipline Dello Spettacolo”.
Mentre frequentavo L’accademia di Belle Arti mi sono avvicinato alla Computer Grafica, sin da subito ho provato interesse per il mondo tridimensionale grazie al programma 3DSMax. Grazie a questo software ho iniziato a lavorare su modelli e immagini renderizzate di prototipi per sculture, questo studio mi ha dato parecchie nozioni per scrivere la mia tesi in “DigitalSculpture”. Mentre scrivevo la tesi mi è pervenuto fra le mani un CD dove era presente una prima versione di Zbrush, appena ho installato questo programma me ne sono subito innamorato, guardando il potenziale dei comandi messi a disposizione presi una tavoletta grafica e cominciai a studiare il programma.
Zbrush mi ha cambiato letteralmente la vita, mi divertivo un mondo a scolpire in maniera digitale tutte le idee che mi passavano per la testa e iniziai a lavorare con questo software in contemporanea con 3DS a cataloghi di arredamento e pubblicità

D- In che modo la stampa 3D influisce sul tuo lavoro?

R- La stampa 3D è stata una evoluzione al mio lavoro che ha portato molteplici benefici, le mie idee prendevano vita con volumi in plastica o resina e penso che vedere le proprie idee prendere forma solida sia il desiderio di qualsiasi creativo.
Le nuove tecnologie 3D hanno cambiato la qualità del mio lavoro, aprendo sbocchi professionali diversi da quelli a cui ero abituato, le esperienze fatte sulle tecniche tradizionali di scultura e prototipazione hanno agevolato il processo di specializzazione sulla post-produzione.

Un lavoro di Simone Rasetti
Un lavoro di Simone Rasetti

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Siamo dunque di fronte a una possibile svolta nel mondo della scultura. Se fino ad oggi gli artisti si erano cimentati nel marmo o nel bronzo lavorando di scalpello e lima, oggi la nuova frontiera è fatta di software e produzione additiva. Uno scenario che forse farà storcere il naso agli amanti della scultura classica, quelli abituati a pensare che la maestria d’uno scultore si misuri dalla sua capacità di maneggiare la materia prima in modo diretto; a costoro parrà forse troppo facile lasciare che sia la macchina -in questo caso la stampa 3D- a fare il “lavoro sporco” al posto dell’artista.
Tuttavia, sarebbe come affermare che l’avvento dei software di video-scrittura abbiano “semplificato troppo” la vita agli scrittori; non c’è dubbio che scrivere le bozze di un libro completamente a mano fosse più faticoso di farlo al computer, ma di certo non è stato l’avvento di Microsoft Word a trasformare chiunque in un novello Manzoni.

Del resto, è pur vero che la macchina nulla toglie alla personalità dell’artista, e anzi forse riesce ad esaltarla ancor di più. Perché la modellazione 3D può essere a pieno titolo considerata un’arte essa stessa: il dizionario Devoto-Oli la definisce come

qualsiasi forma di attività dell’uomo come riprova o esaltazione del suo talento inventivo e della sua capacità espressiva)

Se l’antico scultore poteva -almeno in teoria- essere frenato in vecchiaia da acciacchi fisici, mano tremolanti o altro, non riuscendo quindi a tradurre perfettamente in materia l’idea di statua che aveva in mente, l’artista digitale può più agilmente lavorare con uno Zbrush e continuare a limare il modello 3D fin quando questo non corrisponde perfettamente ai suoi desiderata.